Il drago Corliante
racconto di Paola Rossi
illustrazione di Cristina Oppedisano
Pochi sanno che le uova di drago non sono rotonde e non rotolano ma hanno una base piatta e si allungano a formare piccoli birilli. Mamma drago notò subito che un uovo era più lungo del normale ma non lo disse a nessuno. Lo nascose nel pagliericcio della caverna ed alzò le altre due uova fino ad avere tutte e tre la stessa altezza.
Le uova di drago vengono deposte in autunno e si schiudono alla fine dell’inverno. I piccoli di drago rompono il guscio con una protuberanza sul muso che scalfisce la parte interna dell’uovo; i cuccioli, poi, cominciano ad esplorare il terreno circostante con le zampe anteriori.
È una forte emozione per mamma e papà drago assistere ai primi passi dei loro figli, asciugarli con i loro fiati puzzolenti, muovere le ali ancora bagnate di albume, stiracchiandole stando fermi sulle quattro zampe, e perdere quel piccolo corno sul musetto.
Mamma drago, però, sapeva che un uovo non era come gli altri ed era pensierosa.
Il primo draghetto fu chiamato Ringhio per l’espressione di disappunto quando fu coperto dal fiato nauseabondo dei genitori, la seconda semplicemente Miranda perché si guardava nello specchio di una pozzanghera di pioggia dopo aver ricevuto la sua razione di puzza. Il terzo, invece, diede i suoi primi vagiti con due occhi enormi e le zampe in appoggio al guscio durissimo che non riusciva a rompere completamente.
La madre frantumò delicatamente le piccole porzioni di guscio rimanenti fino a quando il padre, che lo sollevava, permise alla nuova creatura di uscire. Povero piccolo: aveva zampe enormi che non poteva usare perché una calpestava l’altra nello spazio piano della base del guscio.
Il terzo cucciolo non ebbe il battesimo del fiato, il padre era troppo occupato ad aiutare il figlioletto a liberarsi dall’uovo, mentre la madre sorpresa lo osservava: fu così, però, che il piccolo rimase senza odore di famiglia.
Il padre lo adagiò per terra ma il draghetto non riusciva a gestire quelle zampe posteriori così grandi. Il cucciolo si alzò su di esse e camminò come avrebbe fatto un essere umano, e con la coda che serviva da appoggio andò verso i fratelli. Fu subito imitato dagli altri due ma il risultato fu una rovinosa caduta dei tre draghetti.
Mamma e papà ebbero un gran da fare a rassicurare i piccoli che andava tutto bene. Erano indecisi sul nome da dare all’ultimo nato, quando stropicciò le ali per asciugarle e un’altra ala si aprì come un telo dalla testa fino alla coda. Questa gli impediva sbattere le altre ed era molto resistente, sottile come le ali di una farfalla e di color azzurro chiaro, anzi così trasparente che tendeva al bianco, come il suo corpo che si distingueva da quelli color grigio dei fratelli.
I genitori allora decisero di chiamarlo Corliante, per il corno sul muso che non aveva ancora perso e per la sua ala rassomigliante ad una vela che lo ricopriva interamente.
I piccoli draghi passavano molto tempo a dormire, esplorare la caverna, rotolarsi nel fango melmoso, mangiare cibi in decomposizione ed allenare le piccole ali sul dorso.
Corliante, però, non riusciva in tutto quello che Ringhio e Miranda facevano. Lui cadeva, si arrotolava nella lunga vela e non bilanciava bene le ali.
I genitori erano basiti. Come gestire quel loro piccolo drago dalle diverse necessità?
Consultarono il Consiglio Superiore dei Draghi.
Il Grande Drago Supremo lo annusò e, non sentendo odore, riconobbe comunque in lui le fattezze di drago solo per la somiglianza fisica con la specie. Analizzato il caso propose di tagliare la terza ala ma il medico competente, dopo la visita, emise la sentenza: – Non è possibile. L’ala è attaccata al collo ed alla coda. Il cucciolo potrà solo camminare eretto imparando a tenere chiusa la terza ala. Il bilanciere qui è la coda che potrà solo fare da appoggio. Del resto questi grandi piedi serviranno a qualcosa!
I draghi abitano dentro tane che si trovano in alto, sulle montagne. Volano raggiungendo una roccia pianeggiante che offre loro la possibilità di entrare ed uscire. I draghi, una volta raggiunta l’apertura della tana, camminano sulle quattro zampe chiudendo le ali. Proprio per questo motivo i genitori poterono gestire Corliante fino a quando non picchiasse la testa sulle rocce e camminando eretto raggiunse il soffitto della caverna. Il draghetto, allora, non poteva far altro che rotolare in un giaciglio molto vicino all’entrata aspettando che i genitori lo prendessero per zampa. Corliante dipendeva in tutto e per tutto dalla sua famiglia.
La terza ala non gli consentiva di volare, le grosse e pesanti zampe posteriori lo facevano atterrare in modo pericoloso.
I genitori si rivolsero nuovamente al Grande Drago Supremo che consigliò loro di lasciare il draghetto sulla prateria, di costruirgli un giaciglio per la notte e di portargli il cibo necessario.
A malincuore i fratelli lo accompagnarono nella grande distesa verde, gli lasciarono alcuni giochi e lo abbracciarono. La madre lo strinse forte, il padre gli si mise di fronte e gli lanciò una folata di alito catramoso. Corliante non reagiva, non poteva credere di essere allontanato per la sua diversità.
I genitori si alzarono in volo con Miranda e Ringhio, il cielo fu coperto dalle loro ali. Corliante si rifugiò nella sua tana annusando i giochi dei fratelli, aveva promesso di essere coraggioso ai suoi genitori e trattenne le lacrime.
La prima notte da solo la trascorse in preda agli incubi. Il sorgere del sole diede una nuova prospettiva al giovane drago.
Non aveva mai visto il sole, sentito il suo calore. La prateria poi era una miniera di sorprese. Con i suoi piedi grandi e la coda lunga poteva camminare senza problemi.
Trovò una fonte naturale di acqua dolce, si immerse e trovò sollievo in quelle acque limpide.
Dietro la cascata c’era una grotta abbastanza ampia per trovare rifugio.
Alcuni giorni dopo i genitori e i fratelli si recarono da Corliante ma non lo trovarono, gli lasciarono del cibo avariato che ritrovarono decomposto nei giorni successivi. Cercarono il suo odore fine e profumato ma non lo trovarono e si convinsero che fosse morto.
Corliante se ne stava tutto il giorno al fresco dentro la grotta, mangiava il pesce che scendeva dalla cascata, pescava senza fatica e non soffriva la fame.
Si era anche recato per qualche giorno al giaciglio che gli avevano preparato i genitori, ci andava verso sera quando i raggi del sole erano meno potenti ma non trovava nessuno. Si convinse quindi di esser stato dimenticato.
Non aveva la pelle dura e spessa come ogni drago ma squame bianche che, una volta alzate, assorbivano il colore circostante. Non aveva mai un colore definito, era il colore della notte, del cielo, dell’alba e del tramonto. Il colore dei suoi occhi? Marrone chiaro.
Con la sua stazza imponente si avvicinava ai centri abitati; alzava le squame e si confondeva con il paesaggio: sfruttava il fatto di essere inodore.
Gli uomini! Esseri bipedi come lui, molto piccoli ma in grado di camminare. Forse poteva fare amicizia.
Si avvicinò cauto ad una riunione di persone e mimetizzato tra gli alberi ascoltava le loro voci.
A quella sollecitazione il corno di nascita cambiò colore: verde smeraldo. Subito Corliante si coprì il muso per paura di essere individuato ma era felice di poter capire il loro linguaggio.
Che bella sensazione poter comunicare!
I bambini si rincorrevano, alcuni adulti erano sdraiati su coperte stese al sole, altri dormivano. Quanta malinconia lo colse al ricordo dei suoi fratelli.
Giorno dopo giorno Corliante prese confidenza con umani molto piccoli. Questi bipedi comunicano in modo semplice. Corliante aveva imparato a sintonizzare il suo corno. Lo accendeva pensando ad un momento felice. Il corno di nascita funzionava come un’antenna: raccoglieva le parole ed i suoni che venivano tradotti in una lingua comune. Alcuni di questi piccoli umani – i più coraggiosi – visitarono la grotta del drago trascorrendo momenti di gioco e di amicizia.
Una sera d’estate Corliante si recò al limitare della prateria, alcuni uomini confabulavano riguardo ad un attacco armato in un luogo chiamato “la città dei draghi”. Il nostro drago capì che si trattava del suo villaggio posto sulle alte montagne. «Anche se fosse vero, – si disse, – non mi riguarda. Mi hanno dimenticato».
Tornando a casa, però, pensò a Miranda e Ringhio. Forse loro lo ricordavano e decise di fare qualcosa.
Era un drago bipede dotato di tre ali che non aveva mai usato, era speciale.
Chiese ad una coccinella (insetti a quattro ali, due rigide e due interne morbide) un consiglio e la coccinella gli fece vedere come fare.
Si allenarono insieme per giorni tutti i pomeriggi e ogni sera Corliante andava a sentire i discorsi degli uomini.
Alcuni ragazzi, preoccupati della sua assenza nel grande prato fiorito, lo cercarono e videro i primi esperimenti di volo. Il drago raccontò cosa aveva ascoltato e i ragazzi si offrirono di aiutarlo.
Corliante aveva uno scopo: mettere in comunicazione uomini e draghi.
Anche se le sue zampe facevano da zavorra il drago riusciva ad alzarsi in volo per pochi metri ma con il tempo raggiunse il cielo: finalmente l’aria sotto le sue ali.
La coccinella sulla testa dava le direttive; per un insetto così piccolo il mondo era davvero grande visto da quelle altezze.
Quando si sentì in grado di volare in sicurezza, si caricò i piccoli umani e sorvolò il prato.
I ragazzi erano entusiasti, lo accarezzarono, formando un cerchio intorno a lui. Lo nominarono “amico del cuore”. Corliante pianse lacrime nere e pesanti che, cadendo, provocarono dei crateri nel terreno molto profondi, l’abbraccio dei suoi nuovi amici interruppe quel pianto ed il drago sorrise per la prima volta.
Perché anche i draghi piangono. Le loro lacrime prendono il colore a seconda della loro soglia di dolore; variano dal nero al bianco trasparente. Nel nostro caso Corliante aveva immagazzinato tanta solitudine e sofferenza che le sue prime lacrime risultarono nere. Si depositano nel muso di ogni drago impedendogli di esprimere gioia: solo una volta eliminate anche un drago può sorridere.
Andarono tutti ad ascoltare ciò che un gruppo di uomini stava tramando : andare alla “città dei draghi”, calando dall’alto veleni profumati per ucciderli tutti. La pelle di drago era pagata bene e questo li avrebbe arricchiti.
I ragazzi e Corliante si allontanarono affranti e in silenzio.
Il giorno dopo il drago bianco Corliante solcava il cielo in cerca di altri draghi.
Vide un vecchio drago sdraiato in un grande piazzale, circondato da suoi simili. Era di colore grigio scuro, quasi nero. Stava soffrendo.
Corliante sorvolò più volte sopra di loro per farsi vedere, lui era un drago inodore e dalle squame cangianti che si mimetizzavano col cielo, difficile farsi notare. Prese un albero e lo scagliò vicino a quel raduno.
Tutti i musi si alzarono e videro un essere meraviglioso e possente. Corliante prese coraggio ed atterrò.
Sua madre lo riconobbe e gli corse incontro, i fratelli la seguirono. Riconobbe suo padre in quel drago sofferente.
I fratelli Miranda e Ringhio piansero le loro lacrime nere, la madre lasciò scivolare le sue sul grande muso del compagno e le accompagnò a terra; quelle di Corliante da nere diventarono grigie e finirono con il diventare bianche. C’era un misto di dolore-gioia in quell’incontro.
Corliante raccontò loro del pericolo che stavano correndo ma gli altri draghi non si fidavano degli uomini. Il drago bianco allora srotolò la terza ala e fece scendere alcuni passeggeri umani. Corliante si alzò in piedi e li tenne in braccio per proteggerli. Era ancora più maestoso, statuario sulle zampe enormi. Quando il corno si accese di verde i ragazzi parlarono ai draghi.
Fu un lungo pomeriggio ma alla fine della giornata avevano tutti lo stesso obiettivo: salvare “la città dei draghi”.
Il giorno dell’attacco i draghi si riempirono di fango ed escrementi, ricoprirono tutto il corpo di puzze tremende e nauseabonde; i veri draghi non amano il profumo.
Così quando gli uomini che erano intenzionati ad attaccarli si avvicinarono non resistettero a lungo. Fuggirono sopraffatti dalla puzza perpetua dei draghi. Gli uomini del villaggio scavarono un grosso tunnel sotterraneo dove vennero direzionati i nemici dei draghi. Una volta entrati tutti chiusero l’entrata. Si narra che vagano ancora nel fondo della terra in cerca di una sorgente pura per lavarsi.
Da quel giorno Corliante iniziò ad ospitare nella sua sorgente uomini e draghi che condividevano il piacere di un bagno all’ombra di grandi fiori dai mille colori cresciuti nelle buche formatasi dalle sue prime lacrime. Perché Corliante piange ancora ma solo di gioia; sono gocce soffici e bianche e vanno ad innaffiare quel prato sempre in fiore.
Chi mi ha raccontato tutto ciò? Un essere dal carapace rosso e puntinato di nero: la coccinella. Come ho fatto a capire il suo linguaggio? Ve lo dirò nella prossima storia.
Paola Rossi lavora sempre a stretto contatto con la sorella Laura e, da quando avevano otto anni, entrambe scrivono racconti, poesie, testi teatrali. Recentemente fanno parte di un gruppo teatrale locale e come hobby recuperano oggetti partendo da materiale povero.
Hanno vinto diversi premi in concorsi letterari, alcuni loro testi poetici sono stati musicati da “Pagine pagine” di Michele Pecora.
Nel 2015 hanno partecipato ad un corso di scrittura autobiografica gestita da Marinella Fadigati, esperta in metodologie autobiografiche diplomata alla Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari.
Pubblicazioni di Paola e Laura:
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Logico ed ineffabile, Punti confluenti e Monotype, (Collana “Fogli sparsi”, Raccolte “immagine e somiglianza”, Silva Editrice)
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Gocce di rugiada (Silva Editrice, 1992)
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Viaggio di un poeta (Firenze Libri, 2003)
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La leggenda dell’albero di luna (di Paola, ilmiolibro.it di Feltrinelli, 2011)
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Righe tra le rime, rime tra le righe (ilmioliobro.it di Feltrinelli nel 2013)
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Il mio primo migliore amico, versione per adulti (Evolvo Libri, Gravellona Toce, 2015)
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Il mio primo migliore amico, versione cartonato (Evolvo Libri, Gravellona Toce, 2018)
sono la mamma del drago Corliante. hai disegnato il mio protagonista rispecchiando la mia idea. grazie di cuore.
Eh sì, Cristina è molto brava a disegnare, il draghetto Corliante piace molto anche a me! 🙂