Anni fa conoscevo una bambina che all’epoca aveva due anni e che, quando le si chiedeva di fare qualcosa, spesso rispondeva: “Non posso”.
“Non posso” non inteso come “non riesco a farlo perché mi mancano le capacità”, bensì come “sono impegnata, non ho tempo, qualcosa me lo impedisce eppure vorrei tanto…”
Trovavo spassosa questa piccina duenne talmente indaffarata da non poter mettere a posto i suoi giocattoli o andare a dormire.
Solo col tempo scoprii che lei non faceva altro che imitare gli adulti: aveva capito che un “non voglio” l’avrebbe fatta passare dalla parte del torto, l’avrebbe messa davanti a imposizioni educative e di assunzione di responsabilità (nel suo piccolo); mentre un “non posso” la scagionava da ogni accusa e, anzi, le concedeva anche quell’alone di vittima sacrificale che non guasta mai.
Beata innocenza… degli adulti!
Ammettiamolo, quante volte ci siamo detti bugie dicendo a noi stessi “non posso fare questa cosa” trovando ogni pretesto per riconoscere degli ostacoli?
Siamo umani e ognuno di noi, ciascuno a modo suo e in campi diversi, ha le sue resistenze: nel lavoro, nelle relazioni, nell’amore, negli interessi, nello sport…
Più facile riconoscerlo negli altri che in sé stessi, questo è garantito.
Ma già solo essere consapevoli della propria predisposizione all’autoinganno ci potrebbe salvare dal reiterare menzogne che non ci mettono responsabilmente di fronte alle nostre scelte.
Per questo, quando riconosco un accenno di negazione in un mio coachee, un esercizio che propongo è il seguente:
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fai un elenco di tutte le cose che oggi non puoi fare scrivendo ogni volta la frase: io non posso… es: io non posso cambiare lavoro.
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ora prendi tutte le frasi dell’elenco precedente e sostituisci in tutte il non posso con non voglio… es.: io non voglio cambiare lavoro.
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rileggi ogni frase con non voglio: che effetto ti fa leggere che non vuoi fare qualcosa? Ti riconosci in questa mancanza di volontà oppure ti ribolle il sangue nelle vene perché trovi questa affermazione ingiusta?
Se il non voglio ti urta come la voce di Vanna Marchi che ti urla nell’orecchio “D’accordo??!!!” (a meno che tu non sia Vanna Marchi e allora a quel punto scrivimi perché ho una ricetta miracolosa per te a prezzo modico!), vuol dire che davvero tu quella cosa non puoi farla e allora ti esorto a scoprire cosa te lo impedisce.
Se, invece, il non voglio non ti provoca alcuna orticaria ma alimenta in te un certo senso di colpa, allora ti invito a non prenderti più in giro e ad ammettere quantomeno a te stesso che quella cosa proprio non ti interessa, e bando a vittimismi e scuse giustificatrici.
Qualche settimana fa scrivo a una mia coachee che si è impegnata a correggere il suo curriculum rivisto insieme e a inviarlo presso una specifica azienda. Mi risponde che il suo pc è in palla e non riesce né a correggere il CV né a inviare la posta.
Decido di metterla alla prova e capire se le sue sono impossibilità oggettive (non dubito che mi stia dicendo la verità sul pc in crisi) oppure se si tratta di umane resistenze al cambiamento, che già nelle sessioni precedenti ha ammesso con sé stessa: le propongo di venire da me dove potrà trovare un pc funzionante, la connessione internet e una stampante.
Lei accetta, riscrive il suo CV e lo invia in mia presenza.
Il suo era un vero non posso che, modificando le condizioni, si è trasformato in voglio e faccio.
Dimenticavo… io non posso andare in palestra, chi mi conosce sa se è vero…
Sempre più mi avvicino alla comprensione! Grazie per l’argomento trattato e per avermi permesso il tuo punto di vista!❤️
Credo che non sia da tutti riconoscere le proprie vulnerabilità, Rosa.
Grazie a te per i nostri confronti sempre proficui 🙂