Avete letto il romanzo di Marco Lazzarotto A cosa stai pensando?
Se non l’avete fatto, rimediate quanto prima. In rete trovate la trama e, se pure non dovesse ispirarvi, leggetelo lo stesso perché racconta anche di voi, che la cosa vi piaccia o meno.
Se l’avete già letto, allora alzi la mano chi non si riconosca almeno in uno o anche più personaggi contemporaneamente tratteggiati dalla penna ironica dell’autore.
Si tratta di personaggi per lo più disturbanti (forse proprio per il fatto che il rispecchiamento è spesso inevitabile), inesorabilmente imperfetti e tremendamente reali: l’arrogante, il passivo aggressivo, il prepotente, l’insicuro, il manipolatore, il frustrato, l’avanguardista, il bugiardo, il “vorrei ma non posso”, il buono, l’insensibile e il sensibile, l’acuto, il calcolatore, il puro, il distratto… con varie combinazioni all’interno della stessa figura.
Tutta la narrazione è tessuta da una spasmodica ricerca di nemici e amici al di là dello schermo, come se la vita che si può toccare con mano non sia sufficiente, non bastasse, inseguendo altrove qualcosa che si ignora sotto i propri occhi.
Una vita parallela a quella “ufficiale” dove il confine tra ciò che è autentico e quel che è contraffatto è molto labile: un racconto fluido tra realtà e finzione, di cui gli stessi protagonisti non sono in grado di riconoscere più i confini.
Il finale, poi, mi ha destabilizzato e, con la stessa intensità, conquistato, in quanto epilogo coerente con un ritratto di una realtà tangibile, che viviamo quotidianamente e senza possibilità di riscatto: un continuo compromesso tra essere e apparire, un impietoso guardarsi allo specchio con tutte le nostre meschinità, una costante ambiguità al limite del multipolarismo proprio a ogni essere umano, che ne sia consapevole o meno, e che si manifesta in “pensieri, parole, opere o omissioni”. Ancora, un reiterato autogiustificarsi per gli illeciti compiuti con relativa autoassoluzione e alzamento dell’asticella del lecito, anche quando la posta in palio, forse, non è di pari valore al reato commesso.
Valore, questa è il Leimotiv che io ho identificato durante la lettura, manifesto e prepotente nella sua spietata volatilità.
In filosofia, in linea generale, valore è ciò che deve essere oggetto di preferenza o di scelta, nel dominio dell’etica per gli Stoici i valori sono intesi come oggetti di scelte morali.
Ebbene, quante volte a priori diciamo che, qualora ci trovassimo in una determinata situazione, sicuramente sceglieremmo di comportarci in un certo modo! Perché noi abbiamo dei valori ben saldi!
E poi in quella situazione ci si trova veramente e, pur restando una brava persona, che fine fanno i valori quando si rischia di perdere qualcosa o qualcuno, o addirittura di perdere sé stessi (o chi si è stati fino a quel momento)? Quanti solidi sono i valori che si vanno sbandierando “in tempo di pace”? Quanto caro può costare restare fedeli ai propri valori?
Mi sono chiesta, in diversi punti della lettura di questo romanzo, cosa avrei fatto io al posto di quel o talaltro personaggio: e, al di là della prima istintiva risposta buonista e moralista, mi sono trovata in difficoltà a rispondermi.
Avrei voluto avere la sicurezza di dire che sarei stata dalla parte del “giusto”. Ma ho il dovere morale (soprattutto verso me stessa) di essere onesta, di non raccontarmela e… sono ancora in attesa di una risposta dalla mia coscienza.
Leggete il libro e, alla fine, chi è senza peccato, scagli il primo… sanpietrino!
(Marco Lazzarotto, A cosa stai pensando, Miraggi, Torino 2019)