Un anno da raccontare: un racconto al mese per tutto l’anno, scritti e illustrati da autori diversi – Aprile

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Il ragazzo sbagliato

racconto di Maria Daniela Raineri

illustrazione di Lisefischer

 

Lisefischer

Come tante ragazze della sua età, Sofia Sottili aveva ordinato un marito su Internet.

La consegna era arrivata con sei giorni d’anticipo. Appena aperto il pacco, Sofia aveva capito perché, ma a quel punto il droide-corriere era già ripartito, e la ricevuta a riconoscimento facciale confermava il ritiro.

– Sei diversa da come immaginavo, – disse Coso, liberandosi dai pezzi di imballaggio che gli erano rimasti addosso.

– Certo che sono diversa, – rispose Sofia. – Non sono io. E tu… tu non sei lui.

Coso sollevò un sopracciglio.

– C’è stato un errore, – gli spiegò Sofia, sforzandosi di sembrare calma. – L’agenzia deve aver confuso gli ordini.

– La mia solita fortuna, – sbuffò lui. Si buttò sul divano in pelle bianca, afferrò il telecomando e lo puntò verso lo schermo 4D grande quanto la parete.

Sofia stava per dirgli qualcosa, ma poi preferì non sprecare tempo. Lo lasciò lì a fare zapping e si spostò in camera, decisa a risolvere subito il problema.

Ma dopo due ore di chat con robot e di mail che tornavano indietro, iniziò a pensare che l’Agenzia Big T, alla quale aveva affidato il suo futuro, non fosse del tutto all’altezza delle sue recensioni online.

O forse, proprio perché non sbagliava mai (se no, perché le donne più influenti del mondo l’avrebbero scelta per costruire le loro strepitose famiglie?) non aveva investito in un servizio decente di resi e reclami.

Il risultato non cambiava: il suo futuro marito, Christophe, trentadue anni, neurochirurgo e tuffatore agonistico, vegetariano flessibile, quoziente di longevità 95+, era là fuori, chissà dove. E al suo posto, con i piedi appoggiati al tavolino in cristallo, c’era Coso (Sofia aveva letto il suo vero nome sulla bolla di consegna ma non lo aveva memorizzato: per il poco tempo che avrebbero passato insieme, non ne valeva la pena), un tizio con le gambe corte, la pancia da birra e i capelli lunghi dall’aria poco pulita.

– Tutto a posto, piccola? – domandò Coso, senza staccare gli occhi dal video di un gruppo che andava di moda cent’anni prima.

– No.

– Vedrai che l’aggiustiamo.

– E come?

– Ci pensiamo domani. Ora mangiamo.

Ci pensiamo domani era una frase che Sofia odiava.

Lei non rimandava mai niente.

Non aveva nemmeno mai cliccato sul tasto posponi della sveglia. E se, a ventinove anni, aveva due lauree, una carriera, un appartamento in centro, un QDL 97+ e un’iscrizione al Club Premium della Big T, era proprio perché non aveva mai fatto domani ciò che poteva fare oggi.

Stava per rispondergli, ma un ticchettio contro i vetri la fece sobbalzare.

– È pronto! – canticchiò Coso. E aprì la finestra a un piccolo drone. – Mentre eri di là ho dato un’occhiata al frigo, – disse recuperando 4 scatole di cartone già macchiate d’unto. – Non scusarti, c’ho pensato io. Dài piccola, apparecchia, altrimenti si raffredda.

L’odore del cibo lo rendeva allegro. E l’aveva di nuovo chiamata piccola.

– Ho ordinato chicken nuggets e spiedini di salsiccia. Se vuoi star leggera c’è anche la pizza.

– È uno scherzo?

Coso fece di nuovo quello sguardo col sopracciglio alzato.

– Io non mangio fritto, – chiarì Sofia, tormentandosi le pellicine dei pollici. – Evito anche il glutine, la carne, i latticini, tutti i tipi di zucchero.

– Mi dispiace.

– Guarda che sto benissimo.

– Io ti vedo un po’ pallida.

– Sono pallida perché nella mia cucina c’è un estraneo che mangia pollo fritto e beve birra scadente, – sussurrò Sofia. Era quel tipo di persona che, quando si arrabbia, tende ad abbassare la voce. – Sono pallida perché, forse non l’hai capito, ma io sono speciale. Ho un genoma perfetto. Niente mutazioni genetiche, niente malattie. Fortuna? Forse. Ma non è tutto. Seguo un’alimentazione certificata. Non bevo da dieci anni e non ho mai fumato. Vado in palestra tutti i giorni. Leggo un libro a settimana, guardo i film giusti, le serie tv giuste. E sai perché riesco a fare tutto questo? Perché sto lontana dalle persone come te.

– Non agitarti, – disse Coso, sputando un ossicino di pollo. – Domani me ne vado.

– Domani?

– Vuoi buttarmi fuori a quest’ora? La polizia ci va giù pesante, di questi tempi. Quelli come minimo mi fanno un alcol test pedonale e mi arrestano per vagabondaggio. E se io vado in galera come fai a restituirmi?

Il ragionamento filava, e Sofia non poteva ribattere.

– Dormo sul divano.

– Scommetto che russi.

– Nessuna si è mai lamentata.

Ovviamente, Coso russava.

Era come avere un aereo in fase di decollo nella stanza accanto.

Sofia restò sveglia, a rigirarsi nel letto con il cuscino premuto sulle orecchie.

Normalmente, avrebbe risolto il problema con il sonnifero omeopatico che prendeva quasi ogni sera per garantirsi almeno tre ore di sonno.

Ma quella notte preferì evitare: Coso poteva fare chissà che, mentre lei dormiva.

Il giorno dopo, in ufficio, Sofia si rifugiò in bagno, l’unico posto non sorvegliato dalle telecamere. Chiamò ancora la Big T, e finalmente ottenne risposta: una mail che declinava ogni responsabilità e dava a lei tutta la colpa, perché aveva digitato un codice sbagliato e non aveva letto tutte le condizioni di servizio.

Più tardi, un paio di colleghi la videro piangere in corridoio, ma nessuno si fermò a chiederle come stava.

Rincasò che era già buio. Non era stata in palestra come al solito, ma si era fermata al lavoro, per rifare un calcolo sbagliato.

Coso era sul balcone, e stava fumando.

Dalla finestra aperta, il fumo di sigaretta entrava in casa insieme allo smog, mischiandosi all’odore di fritto della sera prima, che l’impianto di aerazione non aveva cancellato.

– Stasera no take away – annunciò Coso, buttando la cicca in cortile. – Faccio la carbonara.

Sofia non rispose, e corse a chiudersi nella cabina armadio.

Ne uscì tre ore dopo, quando di là Coso iniziò a russare.

Andò dritta in camera e si infilò a letto senza struccarsi.

Aprì il cassetto del comodino e guardò Carla e Francesco, i suoi figli. Sarebbero dovuti nascere tra due anni, a venti mesi di distanza uno dall’altro.

Per gli iscritti al Club Premium c’era anche questo servizio: l’ecografia virtuale dei tuoi futuri bambini, con le foto di come sarebbero diventati a tre anni, a dieci, a diciotto.

Sofia per loro aveva già comprato tutine e scarpe minuscole, e consultato i siti di alcune scuole internazionali.

Quella sera, si chiese se li avrebbe mai davvero tenuti in braccio. Quel pensiero era insopportabile: non era più abituata a farsi domande sul futuro.

Troppo esausta per piangere ancora, aprì la boccetta di sonnifero e buttò giù due pastiglie senz’acqua.

Per la prima volta in vita sua, non sentì la sveglia, e si alzò alle nove passate.

Si presentò in ufficio in ritardo e senza trucco, ma nessuno fece domande.

Nel pomeriggio, mentre correggeva un altro errore, un drone entrò dalla finestra e posò sulla sua scrivania un mazzo di fiori recisi.

I colleghi le lanciarono qualche occhiata attraverso i divisori in vetro.

I fiori ormai si vedevano solo ai funerali, ed erano quasi sempre di plastica. Quelli veri erano a rischio estinzione. Solo un cafone senza coscienza ambientale poteva ancora mandare rose a una ragazza.

Sofia strappò in mille pezzi il biglietto, che diceva: torna presto.

Quella sera, sull’ascensore che la portava dalla stazione sotterranea al pianerottolo (comodità a cui non aveva rinunciato al momento di comprare casa), Sofia pensò che stavolta non avrebbe ascoltato ragioni: Coso doveva andarsene, subito.

Ma entrando in casa sentì qualcosa di strano. L’aria era diversa. Era quella che piaceva a lei, pura e senza odori, a parte una leggerissima nota di arancio amaro.

Il tavolo era apparecchiato con la tovaglia in lino. Dalla cucina illuminata arrivava il ronzio rassicurante del forno a vapore.

E Coso si era lavato i capelli.

– Dobbiamo festeggiare, – disse mentre accendeva una candela.

Sofia lo guardò come per dire: Tu sei pazzo.

– Ti sei mai affacciata da questo balcone?

– Io non esco mai. Troppe polveri sottili. Per abbassarsi il QDL bastano dieci minuti.

– Te ne servirà uno solo.

Coso aprì la porta finestra. Trattenendo il respiro, Sofia mosse due passi avanti.

– Sapevi che la Big T è di fronte a casa tua?

Sofia scosse la testa e alzò lo sguardo. Oltre il muro di palazzi davanti a lei, si intravedeva un pezzo del suo logo illuminato. Non l’aveva mai visto. Da quando si era trasferita in città, frequentava solo ambienti chiusi: ufficio, palestra, ambulatori per le visite mediche. E si spostava solo in metropolitana.

– L’ho notata ieri sera. E stamattina ci sono andato.

– Vuoi dire… di persona?

Coso annuì soddisfatto.

– Hanno fatto un po’ di storie all’inizio, ma quando hanno capito che non schiodavo, hanno chiamato uno degli impiegati. E poi un altro, e un altro. È venuto fuori che c’era una O che somigliava a uno zero. O viceversa. Fatto sta che bastavano due clic per sistemare la questione. Insomma, domani me ne vado, e il tuo Cristian arriva lunedì prossimo.

– Si chiama Christophe, – mormorò Sofia, ancora incredula.

– Cristian, Christophe… che importa? L’importante è che non sono io. Giusto?

Sofia gli sorrise, per la prima volta da quando era arrivato.

– Giusto, – disse con occhi pieni di riconoscenza. – L’importante è che non sei tu.

– Allora, brindiamo?

Sofia guardò la bottiglia di bianco immersa nel secchiello del ghiaccio. L’ultima volta che aveva bevuto alcolici era stata alla festa del diploma. E il pensiero di ciò che era accaduto dopo era una delle poche cose di cui si vergognava.

Ma questa era un’occasione speciale. E lei non aveva più diciotto anni, e aveva lavorato molto sulle sue capacità di autocontrollo.

Così riempirono i bicchieri, e cenarono insieme.

Mangiarono falafel e julienne di verdure.

Coso sapeva cucinare. Era stato cuoco sulle navi da crociera. Aveva anche progettato droni, coltivato canapa in serra e suonato il basso in un gruppo per rimorchiare le ragazze, quando in giro ne circolavano ancora.

Sulla rete c’era il video di un suo concerto, e lo ascoltarono a volume alto, fino a che i vicini non vennero a lamentarsi del rumore, e a Sofia questa cosa parve molto comica.

Verso le tre, in soggiorno erano rimasti i piatti sporchi, una candela consumata e tre bottiglie vuote.

Nel suo letto, Sofia si svegliò di soprassalto.

Coso dormiva accanto a lei.

I ricordi affiorarono lenti, uno alla volta, come all’avvio di un vecchio computer.

Anche Coso aprì gli occhi. Erano di uno strano colore tra il grigio e il verde. Un colore bellissimo.

Coso guardò il suo viso per pochi secondi, e poi riprese a dormire, allungando un braccio per stringerla a sé.

Sofia si ritrovò con la testa appoggiata al suo petto, e si meravigliò di sentirsi così comoda.

Senza pensare ad altro, abbassò di nuovo le palpebre, e dormì profondamente fino al mattino.

La sveglia suonò alla solita ora.

Sofia toccò il cuscino all’altro lato del letto. Coso non c’era.

Non era nemmeno in soggiorno, dove regnava l’ordine: lavastoviglie ancora tiepida, piatti impilati, fornelli puliti.

Sul tavolo, Coso le aveva lasciato una caraffa di caffè bollente, una rosa raccolta chissà dove e la ricevuta del droide-corriere che era passato a prenderlo alle sette in punto.

Sofia scaraventò tutto nella spazzatura, senza differenziare.

Poi rimase immobile, al centro della stanza. Si sentiva delusa, offesa, sola e triste. Ma soprattutto era arrabbiata, perché si era impegnata tanto per essere speciale, e per evitare situazioni come quella. E invece adesso si sentiva il cuore spezzato, come una ragazza qualunque.

Anche se stava male, non poteva tardare di nuovo al lavoro.

Si vestì in fretta, entrò in ascensore e ne uscì di corsa verso il treno in partenza.

Una nonna coi capelli lilla l’apostrofò dicendole di non spingere.

Come risposta, Sofia le tirò una gomitata nel fianco.

La nonna prese a strillare, e arrivò la polizia.

Sofia risultò positiva all’alcol test pedonale.

Restò in caserma quasi 24 ore.

Uscì all’alba, dopo aver pagato una cauzione che valeva 10 anni di palestra.

Seduta sui gradini della centrale, riaccese il telefono sapendo già cosa l’aspettava.

C’era una mail del suo capoufficio, che le notificava il licenziamento, e poi un messaggio della Big T, che cestinò senza aprire. Ora conosceva a memoria i termini del contratto: per chi si sporcava la fedina penale c’era l’esclusione a vita dal Club Premium, con rimborso di metà quota e annullamento delle consegne in corso.

Sofia respirò profondamente. Era fuori solo da dieci minuti, ma il suo naso si era già abituato all’odore dello smog.

Guardò l’insegna della metropolitana, pochi metri davanti a lei. Poi si avviò a piedi nella direzione opposta.

Per le strade, c’era più gente di quanto immaginava. Qualcuno andava al lavoro, qualcuno correva, altri passeggiavano senza meta, proprio come lei.

Mentre camminava, ripensò a Coso e le venne da sorridere. Chissà dov’era. Forse in un’altra città, insieme alla donna giusta per lui. Oppure era ancora lì, da qualche parte, una persona tra tante, e forse, prima o poi, si sarebbero incontrati per caso.

 


Maria Daniela Raineri, scrittrice e sceneggiatrice, ha scritto quattro romanzi editi in Italia da Sperling&Kupfer e tradotti in diverse lingue. Tra questi, Meno male che ci sei, che nel 2009 è diventato un film. Nel 2016, con lo pseudonimo di Mavis Miller, ha pubblicato con De Agostini il romanzo per ragazzi Lisbeth e il segreto della città d’oro (finalista al Premio Bancarellino 2017) cui ha fatto seguito, l’anno successivo, Lisbeth e il giardino dei fiori incantati

 

Lisefischer è una illustratrice e vive a Torino. Le calza a pennello la frase di Lewis-Carrol: “Non trovo mai una tazza di té abbastanza grande o un libro abbastanza lungo da soddisfarmi.” È una lettrice vorace, totalmente dipendente dal cioccolato e ha una piccola collezione di scatole di latta per i suoi té preferiti. Sostanzialmente dipinge perché questo la rende felice.
 Ha realizzato il suo sogno di aprire una libreria dedicata ai bambini per potersi immergere tutti i giorni in storie bellissime e illustrazioni straordinarie.

Se vuoi seguirla sbircia la sua pagina di facebook o il sito www.lisefischer.com

La libreria invece: www.libreriapandizenzero.it

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